Il 2 ottobre l'OICE ha partecipato, con il vice presidente con delega per l'internazionalizzazione, Alfredo Ingletti, al convegno organizzato dall'OPRI - Osservatorio Permanente sulle Professioni Intellettuali, costituito dall'Università degli Studi di Bergamo e da Enterpreneurial Lab, presso il Dipartimento di Scienze Aziendali, Economiche e Metodi Quantitativi dell'Università orobica, dal titolo "Imprenditoria del Progetto: Esperienze di Internazionalizzazione a Confronto".
Molti e qualificati i relatori (fra cui Francesca Federzoni per Politecnica e Claudio Collinvitti per Italferr) hanno intrattenuto una nutrita e attenta platea sull'importanza e sulla necessità di cogliere le opportunità che provengono dall'estero per diversificare e sviluppare il business imprenditoriale.
Il workshop ha acceso il confronto e il dibattito tra imprenditori, professionisti e studiosi attraverso la condivisione di esperienze, best practices e la messa a fuoco degli elementi di successo.
Nelle sue conclusioni, Ingletti, ha sottolineato come le grandi imprese di progettazione architettonica e di ingegneria riescono a tenere testa alla crisi grazie alle attività e all'attenzione nei confronti dei mercati internazionali. Le 6 aziende italiane presenti nella classifica delle Top 225 International Design Firms, annualmente pubblicata dalla rivista statunitense Enr (Engineering News Record), producono il 50% del proprio fatturato fuori dai propri confini.
"Nonostante investire all'estero rappresenti al momento l'opportunità più concreta per tenere testa alla crisi, le società di ingegneria e di architettura italiane - aggiunge Ingletti - non sono organizzate e strutturate per affrontare la competizione internazionale. Oggi l'OICE rappresenta 435 società affiliate che insieme generano poco più di un miliardo di fatturato contro i 96 miliardi prodotti dalle top cento internazionali e ai 42 miliardi delle prime cento europee. La disparità di competitività appare evidente ed è data da una serie di fattori tra cui le dimensioni delle organizzazioni italiane. Le prime 6 società di ingegneria europee, ad esempio, hanno più di 10.000 addetti mentre le prime 6 società italiane ne risultano avere al massimo 500. Ne consegue che nessuna società italiana si colloca nelle prime 100 posizioni delle specifiche classifiche internazionali".
Secondo Ingletti "le opportunità per l'ingegneria possono essere le opportunità per tutto il Sistema Paese. Ma solo attraverso nuovi modelli organizzativi e un processo di aggregazione l'engineering italiana ha la possibilità di consolidare le proprie posizioni in quelle aree dove le capacità italiane sono già apprezzate e di penetrare nei mercati nuovi e inesplorati dove può svolgere un ruolo di apripista per il resto dell'economia e l'intera filiera delle costruzioni, indotto compreso".
L'occasione di una platea così qualificata ha sollecitato Ingletti ad affrontare un tema piuttosto caldo per le società di ingegneria in questo momento, quello del riconoscimento sancito nel 1994 con la legge Merloni ma incredibilmente rimesso in discussione da una recente sentenza del Tribunale di Torino che, per annullare un contratto di 8 anni fa, ha fatto rivivere una legge del '39 (la n. 1815 che faceva divieto di svolgere in forma societaria attività professionali) peraltro abrogata dalla Legge Bersani del 1997".
"Appare quanto meno anacronistico - ha precisato Ingletti - ricorrere a leggi di 70 anni fa quando gli scenari economici, organizzativi e di mercato impongono di guardare al futuro e soprattutto all'estero dove, a livello internazionale, operano società di ben diverse dimensioni e capacità te tecnico economica rispetto a quelle italiane". (A.M.)